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I prerequisiti degli apprendimenti

la connessione tra il linguaggio e apprendimenti scolastici.

A cura di Jessica Masiero, logopedista

Come si impara a leggere, a scrivere, a calcolare? Alla base ci sono capacità attentive, di memoria, di logica, di linguaggio, di discriminazione uditiva, visuo-percettive e grafomotorie. Tutte queste capacità non nascono di punto in bianco, ma si sviluppano nel tempo. 

È evidente che ciò che serve per leggere, scrivere e far di conto è presente prima dell’inizio della Scuola Primaria, costituendo l’insieme dei prerequisiti degli apprendimenti scolastici. 

Possiamo immaginare che il bagaglio dei prerequisiti si costruisce dai 0 ai 6 anni. 

Attraverso lo screening dei prerequisiti all’ultimo anno dell’infanzia è possibile riconoscere chi deve potenziare maggiormente il suo bagaglio. Gli eventuali disturbi, quali la dislessia, la disortografia, la discalculia non possono essere di certo cancellati con un intervento precoce, ma un percorso prescolare modella il disturbo nella sua gravità e aiuta ad affrontare serenamente il percorso scolastico.

Uno dei prerequisiti cardine degli apprendimenti è il linguaggio, in tutte le sue componenti.

Nel 2010 l’Istituto Superiore di Sanità ha confermato la correlazione tra Disturbo di Linguaggio e Disturbi degli apprendimenti (dislessia, disortografia, discalculia): i bambini che hanno una prestazione al di sotto della norma in più di un test di linguaggio a 5 anni hanno un rischio maggiore di sviluppare la dislessia rispetto ai bambini con un linguaggio nella norma. 

Una delle componenti più indagate è la metalinguistica, ossia l’abilità di riflettere e analizzare il linguaggio. In particolare le abilità metafonologiche sono strettamente connesse alle abilità di lettura e scrittura nei primi anni di scuola. Tali abilità consistono nel riuscire ad analizzare e ad aver consapevolezza della struttura sonora delle parole, ossia riconoscere i fonemi (suoni) che le compongono e unire i suoni per formare delle parole. 

Nel processo di scrittura, ad esempio, se il bambino non fosse capace di individuare in modo distinto i suoni che formano la parola dettata o pensata, ecco che saltarebbe qualche grafema o sillaba, scrivendo la parola in modo incompleta. Nel caso, invece, un bambino non riuscisse ad unire i suoni, ecco che non riuscirebbe a leggere le parole intere, ma solo le singole lettere o tenderebbe a indovinare. 

Le capacità metafonologiche iniziano a comparire verso i 4 anni, quando i bambini iniziano a fondere le sillabe per formare parole. 

Per le lingue di tipo alfabetico, come l’italiano, è necessario arrivare ad una competenza di tipo fonemico che non si sviluppa naturalmente, ma necessita di insegnamento. Il loro sviluppo è molto influenzato dalle proposte che i bambini ricevono ed è per questo che nella seconda parte della Scuola dell’Infanzia è importante potenziare la fusione di fonemi e successivamente l’analisi dei fonemi. Naturalmente un inventario fonetico incompleto e la permanenza di processi fonologici di semplificazione oltre il periodo di scomparsa fisiologica sono caratteristiche che correlano in modo negativo con le prime fasi di acquisizione della lettura e della scrittura. 

Mentre un disturbo fonologico e scarse abilità metafonologiche portano ad iniziali difficoltà nell’acquisizione dei processi di lettura e scrittura, il Disturbo morfosintattico e lessicale (scarso vocabolario e immaturità frasale) ha delle ripercussioni negative nella comprensione del testo e nella sua produzione così come nella comprensione dei problemi matematici. 

Purtroppo o per fortuna la connessione tra linguaggio e apprendimenti non è a senso unico: anche scarse abilità di lettura limitano l’accrescimento del vocabolario, rendono difficile l’analisi logica e grammaticale, lo studio delle lingue straniere, inoltre la sintassi rimane simile a quella usata nel linguaggio orale, con un uso generico e impreciso dei termini e con una formulazione semplificata dei concetti.

Risulta chiaro che potenziare i prerequisiti è utile a tutti i bambini e permette di riconoscere precocemente la presenza di fattori di rischio, permettendo di dare delle solide basi, posticipando l’espressione del disturbo, modificando la gravità, con positive ripercussioni sul benessere globale del bambino che va a scuola.

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