Logopedista Jessica Masiero
I PARLATORI TARDIVI
Guida per i genitori
RINFRESCHIAMO ALCUNE TAPPE LINGUISTICHE-COMUNICATIVE:
COMUNICAZIONE NON VERBALE
sguardo e sorriso sociale: compaiono dal 1°mese
attenzione condivisa: compare dal 6° mese
gesto d’indicazione e gesti deittici: il bimbo mostra e indica dai 9 mesi
gesti referenziali (es: fare ciao): dai 12 mesi
SVILUPPO DEI SUONI:
pianto: dai 0 mesi
vocalizzi: dal 1°mese
suoni gutturali: dal 3° mese
lallazione: dall’8° mese
LE PAROLE
Le prime parole vengono pronunciate solitamente a partire dall’anno; in questa fase tra i 12 e i 18 mesi il lessico è formato soprattutto da nomatopee (Es: be be…per la pecora) e nomi familiari (Es: palla, nonna…). Il numero delle parole prodotte aumenta fino a circa 50 intorno ai 18 mesi. Il traguardo di 500 parole prodotte è raggiunto tra i 30 e i 36 mesi. Il lessico, in seguito, continua a crescere e modificarsi, a seconda delle esperienze di vita.
LE FRASI
Quando il il bambino dice tra le 50 e le100 parole inizia la fase della combinazione di due parole (Es: pappa pu; mamma palla…) tra i 20 e i 24 mesi. La frase si arrichisce per lunghezza e complessità, completando il suo sviluppo ai 3 anni, età in cui i bambini raggiungono una media di 3,77 parole per enunciato.
COS’È IL RITARDO DI LINGUAGGIO?
Si parla di ritardo del linguaggio in bambini tra i 0 e i 3 anni che presentano un ritardo nelle tappe linguistiche, in assenza di deficit neurologi, ipoacusia o altre patologie che porebbero esserne la causa.
SEGNALI PRECOCI
Ci si può accorgere che qualcosa non va già prima dei 12 mesi, cogliendo alcuni segnali precoci: la mancata o ritardata comparsa del babbling (la lallazione) può essere sintomo di un disturbo percettivo-uditivo, mentre l’assenza del gesto di indicazione o la sua ritardata comparsa e il ridotto
contatto oculare potrebbero far pensare ad un disturbo della comunicazione. Da fare attenzione nei primi tre anni di vita anche a frequenti infezioni delle vie respiratorie che potrebbero alterare la percezione uditiva, rallentando lo sviluppo del linguaggio.
QUANTI sono i BAMBINI PARLATORI TARDIVI?
Il ritardo del linguaggio riguarda circa il 15% dei bambini che hanno 24 mesi. Di tutti i bambini identificati come parlatori tardivi solo il 20%-30% riceverà, dopo i 3 anni, una diagnosi di disturbo del linguaggio.
L’IDENTIKIT DEL PARLATORE TARDIVO
Lo sviluppo del linguaggio è in ritardo se il bambino/a:
– non mostra segnali di comprensione tra i 18-24 mesi
– non produce parole a 18 mesi
– produce 50 parole o meno a 24 mesi
– non c’è la combinazione di due parole a 24 mesi
– ha una ritardata esplosione del vocabolario
– ha una mancata esplosione del vocabolario espressivo con uno sviluppo lento e lineare della produzione di parole
– ha un inventario di suoni ridotto rispetto all’età
– ha un’intelligibilità dell’eloquio inferiore al 50% rispetto agli enunciati prodotti a 3 anni
– ha un ritardo nella comprensione di 6 mesi rispetto all’età
– ha una lunghezza della frase inferiore rispetto a quella attesa per età
– ha un inventario di strutture sillabiche ridotto
– pronuncia le parole come i bambini più piccoli della sua età
PERCHÈ HO SCRITTO QUESTO ARTICOLO?
Alcuni espressioni/parole usate da qualche genitore, professionista o educatore mi hanno spinto a scrivere questo articolo, sperando di fare chiarezza. Spesso mi sento dire: “ASPETTIAMO”, ” È SOLO PIGRO”, “POI SI SBLOCCHERÀ”, “ANCHE IL FRATELLO DEL PAPÀ A 2 ANNI NON PARLAVA, È DIVENTATO GRANDE LO STESSO”.
Il ritardo nello sviluppo del linguaggio tra i 0 e i 3 anni viene spesso sottovalutato dai genitori e dai pediatri, in quanto interpretato come una condizione transitoria, legata alla variabilità individuale e, conseguentemente, affrontato con un approccio “wait and see” (aspetta e vedrai).
Esiste un’estrema variabilità individuale nell’intero sviluppo del bambino, così come nello sviluppo linguistico. Il ritmo evolutivo individuale va rispettato, tuttavia non bisogna neppure porsi all’estremo opposto e, in nome dell’individualità e variabilità, non preoccuparsi mai e in nessun caso, in un’attesa “fiduciosa” che non sempre è ragionevole.
Nella fascia d’età 0-3 anni termini come ritardo o disturbo sono da usare comunque con delicatezza, in quanto i bambini parlatori tardivi potrebbero raggiungere i loro coetanei all’età di tre anni. Pertanto alcuni studiosi preferiscono parlare con maggior delicatezza di “linguaggio a lenta emergenza”.
QUANDO È NECESSARIO L’INTERVENTO LOGOPEDICO?
INTERVENTO INDIRETTO
Un atteggiamento di attesa quando si presenta un ritardo nella produzione linguistica prima dei 3 anni è giustificato quando l’abilità di comprensione è nella norma per età. In tal caso il logopedista, dopo la valutazione, potrà fornire ai genitori suggerimenti educativi di stimolazione linguistica e stabilire un calendario preciso di follow-up per documentare il corso dello sviluppo e verificare se compaiono o meno quei segni di ripresa rapida che sono tipici dei ritardi transitori. Ci sono diversi approcci di intervento logopedico prima dei 3 anni: tutti sicuramente devono coinvolgere la famiglia e hanno lo scopo di incrementare la frequenza delle interazioni sociali tra genitore e bambino, migliorando la qualità dell’interazione e della comunicazione, incrementando il lessico e promuovendo la combinazione di più parole in un enunciato.
INTERVENTO DIRETTO
Nel caso si rilevi un ritardo nella comprensione linguistica prima dei 3 anni, l’indicazione è la presa in carico diretta del bambino.
Oltre i 36 mesi d’età l’intervento logopedico diretto è da considerarsi necessario in tutti i casi, anche di disturbo limitato alla sola componente espressiva.
I FACILITATORI NATURALI DELLO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO TRA I 0 E I 3 ANNI
- IL GENITORESE: è il linguaggio semplificato che l’adulto usa con il bambino a partire dall’età di 7 mesi circa. Esso è caratterizzato da frasi brevi, semplici sintatticamente, un vocabolario ristretto direttamente legato all’esperienza del bambino, un’intonazione alta ed esagerata, delle vocali lunghe, un linguaggio molto ridondante, (con molte ripetizioni), pause lunghe tra gli enunciati. È stato dimostrato che i bambini piccoli non ascoltano le conversazioni tra adulti e non prestano molta attenzione alla parte audio della TV, che quindi non può essere usata per stimolarli o per aiutarli a
migliorare la propria competenza linguistica. - I FORMAT: i genitori creano sequenze di eventi/azioni, come il gioco del cuccùsettete, in cui il genitore usa un linguaggio ripetitivo e reitera le stesse azioni in modo da dare prevedibilità al bambino. Queste situazioni routinarie sia nei comportamenti che nel linguaggio si chiamano FORMAT. Ciò favorisce la sempre maggior partecipazione del bambino nella routine.
- LA CONTINGENZA SEMANTICA: il genitore si sintonizza sull’interesse del bambino e denomina o descrive ciò su cui è posato il focus attentivo del bambino;
- IL GIOCO E LA LETTURA: il genitore utilizza un linguaggio più complesso nelle situazioni di gioco piuttosto che nelle situazioni di cura, come il pasto o il cambio (a meno che non si tratti di un bambino di pochi mesi). Le situazioni di gioco e la lettura interattiva di un libro risultano stimolare nell’adulto l’uso di un linguaggio al massimo complesso. Quindi questo tipo di attività dovrebbero essere parte delle routine abituali tra il bambino e l’adulto significativo fin dall’età più precoce.
IL LINGUAGGIO: UN MIX DI GENETICA E AMBIENTE
Non solo la frequenza della stimolazione linguistica, ma anche la qualità dell’ambiente, ossia dell’interazione che i genitori hanno con il loro bambino, incidono sui progressi del linguaggio. Nei primi tre anni di vita i genitori sono, per questo parte integrante nei programmi di terapia logopedica precoce.
LO SPORTELLO GRATUITO SUL LINGUAGGIO DI PROPOSTE EDUCATIVE
Si tratta di un colloquio di 30 minuti per i genitori, in cui si possono esprimere dubbi e chiedere consigli. Nell’incontro stesso la logopedista, su richiesta del genitore, può esprimere il suo parere rispetto all’utilità di una eventuale valutazione del linguaggio. La consulenza gratuita è importante per orientare il genitore, ma non sostituisce la valutazione logopedica del linguaggio.